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la regina Teodolinda con il re Autari
Il Lambro: la leggenda di Autari.   (pag. 2)

Ma la grande arsura non solo perdurava, addirittura aumentava di giorno in giorno. Il cielo era bianco, accecante, l'afa era torrida, e, all'orizzonte, non compariva nemmeno l'ombra della più piccola nuvola.
In questo caldo infernale gli uomini che riuscivano ancora ad articolare un pensiero, cominciarono a dirsi che quella grande piaga doveva venite da Dio e si domandavano le ragioni di una così severa punizione.
Di ora in ora l'arsura cresceva e divampava, nonostante tutte le suppliche e le preghiere innalzate all'Onnipotente. Tra i brianzoli incominciò allora vevarsi una voce, dapprima sommessa e poi più forte e sdegnatache diceva:
Il signore punisce noi per la miscredenza del nostro re.
La regina Teodolinda udì quella voce e con il pensiero materno rivolto all'enorme pena dei sudditi, implorò l'aiuto di Dio, chiedendo il conforto per il popolo, e il perdono per il re.
In un angolo nascosto della Brianza sul monte dove prima del gran secco nasceva il torrente Ravella viveva in eremitaggio un vecchissimo anacoreta, la cui fede incrollabile era sempre uscita salda e rinnovata, anche dalle più dure calamità dei tempi: il suo nome era Eriprando.
La fama del vecchio saggio era nota in tutto il regno e il popolo gli attribuiva perfino poteri magici. L'eremita era venerato anche dalla regina che più volte aveva avuto prove certe e sicure della sua santità.
Il re, sino all'ultimo, aveva sperato che la siccità avesse fine e svanisse come un brutto sogno. Ma proprio in quegli ultimi giorni, davanti alla sciagura che aveva colpito il suo regno e che non accennava a diminuire, sentiva dentro di se franare ogni certezza. Domandava agli dei le ragioni di tanta ferocia: ma gli dei tacevano e il dubbio cominciava a rodere la sua anima, vorace come un tarlo.
Teodolinda capì che finalmete qualcosa stava per smuovere l'intransigenza di Autari e, proprio mentre nella mente del sovrano s'agitavano i più difficili interrogativi, mandò messaggeri a Eriprando, chiedendo consigli e aiuto.
Il vecchio rispose che era stato avvertito in un sogno di come, ormai, la conversione del re dei Longobardi fosse assai vicina: dal dramma della mortale siccità sarebbe, infine, scaturita grande gioia.
La regina, nel palazzo di Monza, continuava a pregare, senza più riuscire a nascondere il pianto. Autari che vedeva le lacrime di Teodolinda e ne conosceva la causa, per porre fine al suo strazio un giorno le disse:
- se il tuo Dio mi renderà il fiume che un demone mi ha rubato, io mi farò cristiano.

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Bibliografia e riferimenti principali:
  - Liberamente tratto dall'autore del sito da pubblicazioni e libri reperibili presso la biblioteca della C.M.T.L.

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