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Il Lambro: la leggenda di Autari.   (pag. 3)

Intanto il pio Eriprando era sceso nell'arido letto del Lambro, che ormai si era trasformato in una desolata valle di pietre roventi.
Camminando nell'alveo del fiume, cominciò a risalirlo tra macigni, sassi, ghiaia, sterpi bruciati dal solleone: andava alla ricerca delle inaridite sorgenti del fiume. Inerpicava proprio la dove solo poche settimane prima scorrevano le acque fresche del Lambro, quando, improvvisamente, gli apparve un misterioso cacciatore, che portava un arco a tracolla e aveva la faretra piena di frecce.
L'eremita lo guardò bene in viso e gli domandò se sapesse dove, tra tanta arsura, avrebbe potuto ritrovare la sorgente, madre di quel fiume.
Sul viso del cacciatore si disegnarono una luce strana e una strana espressione, quella di chi si sente porre una domanda attesa.
Senza parlare, il cacciatore guardò negli occhi il buon vecchio, lasciandogli capire che aveva la giusta risposta per lui.
Li, nel bel mezzo di quella valle ormai desolata, cresceva solitario un piccolo arbusto - un nocciolo - miracolosamente verde rigoglioso, tra tanta devastazione. Lo strano cacciatore ne staccò un bel ramo, lo ripulì d'ogni foglia e lo curvò con tutte e due le mani.
Poi disse a Eriprando:
Va pure, questo ramo ti guiderà. Tienilo ben curvato verso il cielo e cammina. La dove il ramo si girerà verso i tuoi piedi, troverai l'acqua che disseterà la tua gente.
Subito l'eremita gli credette, come si crede a un messaggero della misericordia divina e riprese a risalire tra le rocce e le rive riarse. Il cacciatore scomparve subito nel nulla, così come dal nulla era improvvisamente apparso.
Cammina cammina, Eriprando giunse in cima ad alti monti di quella valle, si sentiva stremato, era ansante e credeva che ogni energia stesse per abbandonarlo.
Proprio allora sentì una forza potente e misteriosa piegare il ramo del nocciolo. Si fermò e vide che in quel punto preciso, un piccolo ma pesante masso era affondato nella terra, quasi a voler nascondere qualcosa. Con le ultime forze che aveva ancora a disposizione, il vecchio anacoreta riuscì a smuovere il fianco del sasso, quanto bastava perchè nella terra riarsa si aprisse un piccolo pertugio.
Un soffio d'aria turbinosa uscì immediatamente da quella fessura e l'acqua tanto attesa schizzò gorgogliando, a brevi fiotti intermittenti, solcando le zolle incrostate di siccità.
Lentamente, quell'esiguo rigagnolo d'acqua si fece sempre più dirompente: era il Lambro,che tornava di nuovo a scorrere nel suo letto, e con le acque tanto vitali anche la pace e la serenità ritornarono fra il polpolo della Brianza.
Fu cosa che, di fronte a questo prodigio tanto insperato, re Autari, come aveva promesso a Teodolinda, si convertì al cristianesimo.

Bibliografia e riferimenti principali:
  - Liberamente tratto dall'autore del sito da pubblicazioni e libri reperibili presso la biblioteca della C.M.T.L.

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