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Careno - chiesa di San Martino    (la storia)                                         immagini panoramiche: 1 - 2

    Quasi nascosta per chi giunge a Careno dalla strada provinciale che rasenta le case più alte del borgo, la chiesa di San Martino mostra tutta la sua bellezza e maestosità a coloro che solcano il lago . Fu certo questo l’intento dei maestri comacini quando quasi mille anni fa la edificarono, perché il lago era la strada principale, una grande e trafficata via verso le valli e i passi alpini ed anche tra gli stessi borghi lariani. Mercanti, pellegrini, uomini d’arme, barcaioli, pescatori … Chiunque attraversava queste acque alzando gli occhi vedeva la snella mole del campanile, sentinella il cui sguardo raggiungeva a meridione i dintorni di Como, a settentrione Argegno e l’imbocco della Valle Intelvi. La dedicazione al santo guerriero, tanto caro ai soldati, si ritrova solitamente dove esistevano presidi militari, associati delle volte a luoghi di accoglienza.

    La pieve di Nesso, di cui Careno faceva parte, tra le più antiche della diocesi, comprendeva paesi e comuni dalla Cavagnola a Molina, da Zelbio alla riva di Nesso, e sulla sponda opposta Carate, Laglio e Brienno. Fu persino sede vescovile tra XI e il XII secolo, quando stavano maturando le premesse per la guerra decennale tra Como e Milano, perché Nesso era un rifugio sicuro, paragonabile ad un nido tra le rocce. Il vescovo Rainaldo qui morì nel 1084 e fu sepolto nel “duomo”: la chiesa dei santi Pietro e Paolo da lui voluta e costruita, che fu una delle più belle basiliche romaniche comacine delle rive lariane, poi demolita nel ‘600 per essere sostituita con l’attuale edificio barocco. Pure Eriberto, suo successore, vi abitò e un suo decreto fu rogato “in domo de Nesci”; Guido Grimoldi, il vescovo della guerra decennale, qui risiedette nel tempo che a Como stava l’antivescovo filomilanese Landolfo da Carcano.

    Papa Urbano II giunse espressamente a queste rive il 28 maggio del 1095, per omaggiare la sepoltura dell’amico Rainaldo e consacrare la sua chiesa. Entrambi erano stati amici di papa Gregorio VII, quello dell’umiliazione di Canossa; sia Urbano che Gregorio erano di formazione cluniacense, corrente monastica riformista di cui Rainaldo fu un acceso promotore: insediò i cluniacensi a Cosio Valtellino (San Pietro in Vallate) e a Vertemate.

    Queste importanti presenze ebbero per certo un qualche collegamento con il nostro San Martino, che insigni studiosi datano appunto in questa epoca (XI-XII secolo). Il documento più antico pervenutoci che lo cita è di papa Lucio III, del 1184.

    Edificato con la tipica pietra moltrasina locale, estratta dalle cave di cui Careno fu ricco fino ai tempi moderni, conserva in gran parte le forme originarie e la bella slanciata torre in cui si aprono monofore, bifore e al suo interno una sorprendente scala in pietra,composta semplicemente da sporgenze che si alternano sui lati opposti, così che il sacrestano, per raggiungere le campane, si cimentava in un’arrampicata degna dei più valenti “free climber” moderni!

    Perfettamente allineata sull’asse est- ovest, la chiesa presenta in facciata un oculo asimmetrico e il campanile, ricordando l’impostazione del San Giovanni di Torno. Sul lato settentrionale lo scenografico portico, più recente rispetto al corpo principale, si apre verso il lago con due maestose bifore, da cui si gode uno dei più begli affacci sul paesaggio lariano. L’interno presenta finestrelle romaniche strombate e rifacimenti quattro-cinquecenteschi con volte a crociera; il presbiterio rettangolare sostituisce probabilmente l’originaria abside semicircolare.

    Una descrizione particolareggiata della chiesa e della comunità che vi si raccoglieva attorno ci è stata tramandata dal vescovo Feliciano Ninguarda, in visita pastorale nel 1593:

    Visitata la chiesa di S. Martini nel luogo di Careno, sottoposta alla cura di S.Pietro di Nesso, lontano da detta cura doi miglia. La detta chiesa è tutta involtata d’una sol nave et detta volta è tutta depinta. La cappella è in mezza nicchia tutta depinta con diverse immagini. L’altare non è consacrato. Sopra detto altare non vi è ancona ma sopra il muro vi è dipinto il Crocefisso in mezzo et de lati la Madonna et Santo Giovanni Evangelista et Santo Martino et Santo Pietro, et da parte de l’Evangelio vi è depinto Santo Antonio. Fuori delli baleustri dall’ istesso lato vi è la porta che esce sopra il cemiterio che esce in strada et dalli lati di detta porta vi è l’immagine della Madonna et della S.ma Trinità et il lavello dell’acqua santa antico. In fondo di detta chiesa vi è il campanile fatto in forma di torre, sopra il quale vi sono doi campane.
        Questo comune fa 11 fuochi, anime circa 85, di communione circa 50.


    Con la precisione che contraddistingue questo operoso vescovo scopriamo che ai suoi tempi vivevano a Careno 11 famiglie (fuochi), per un totale di 85 persone, di cui solo 50 adulti o quasi: essere di communione significava infatti avere accesso alla comunione durante le celebrazioni, quindi avere superato l’infanzia. Già esisteva la volta a crociera, che ci dice “tutta depinta”; sopra l’altare un affresco, oggi quasi illeggibile, di cui il Ninguarda spiega i soggetti: nel mezzo il Crocifisso, tra la Madonna e San Giovanni evangelista: l’unico degli apostoli presenti alla sua morte e da lui il più amato; ai lati il titolare della chiesa, San Martino, e San Pietro patrono della pieve.

    Attualmente si indovina la sagoma del Crocifisso e, alla sua sinistra, un pontefice che il Ninguarda interpretò come San Pietro, ma possiamo ipotizzare sia Urbano II che onorò questa terra con la sua visita, deviando di parecchi chilometri il suo viaggio verso la Francia, dove, giunto a Clermont nel 1095 indisse la prima crociata. Non conosciamo l’autore dell’affresco, ma per analogia possiamo ricondurlo alla bottega di Andrea de Passeris di Torno, attivo in area lariana tra il Quattrocento e il Cinquecento; l’impostazione dell’opera di Careno richiama infatti l’affresco del presbiterio del Sant’Alessandro di Lasnigo, a firma del de Passeris, e ancora più quello della sua bottega nella chiesa dei santi Nazaro e Celso a Mudronno di Asso.

    Sulla parete di lato è ben visibile il Sant’Antonio citato dal Ninguarda, con ai piedi il maialino che lo contraddistingue. La porta ora murata era a quel tempo agibile, con affrescati ai lati la Madonna e la Trinità. Il vescovo ci dà pure notizia del cimitero che, come da consuetudine per l’epoca, era adiacente l’edificio; in paese si tramanda il ricordo di una più tarda area cimiteriale a monte della chiesa. Nulla si dice del quadro raffigurante la morte di San Martino, che è infatti una tela secentesca.

    A quel tempo, alla fine del ‘500, Careno non era ancora parrocchia autonoma: si staccò da Nesso con atto notarile del 24 ottobre 1640; neppure esisteva la chiesa dell’Assunta, anch’essa voluta con l’istituzione della nuova parrocchia ed edificata in quegli stessi anni grazie all’iniziativa del sacerdote Alessio Zambra, nativo del paese.

    Alla fine dell’Ottocento lo storico Santo Monti descrive l’interno del San Martino ricoperto da intonaco bianco, in quanto “nei tempi passati una mano vandalica coprì le bellissime pitture che l’adornavano”, si trattava probabilmente di una mano di calce data dopo un periodo di pestilenza, come si usava nei secoli passati. Rimossa la copertura in tempi recenti, sono stati riportati alla luce le decorazioni e i lacerti di affresco che oggi ammiriamo.

Lucia Sala    

Bibliografia e riferimenti principali:
  - “Atti della visita pastorale diocesana di Mons. Feliciano Ninguarda”, a cura di Santo Monti (Soc. storica comense, 1903).
  - “Nesso e la sua pieve, memorie storiche” di Pietro Antonio Tacchi, annotate da Santo Monti, 1895; ristampa con contributi di Fabio Cani, Saverio Xeres, Sergio Bianchi.
  - Da Wikipedia: Urbano II; Rainaldo vescovo di Como.


Nota: le immagini sono: di Fausto Zambra & Mauro Spatafora, fotografi del GFNesso.

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